La Boxe popolare è condotta all’interno di palestre che rifiutano le logiche di profitto e di cultura dominante dell’apparire, che appartiene invece ai contesti delle palestre capitaliste. E’ un’esperienza di autogestione in cui non vi è un ritorno economico e dove l’esperienza del singolo è messa a disposizione di tutti e tutte, con l’intento di crescere, individualmente e collettivamente. Fuori e dentro lo spogliatoio, nella pratica sportiva così come nello sdoganare stereotipie e comportamenti che richiamino a dinamiche sessiste, fasciste, razziste ed omofobe.
Il pugilato è uno sport che richiede costanza, grande spirito di sacrificio ed umiltà; all’interno delle palestre popolari viene proposto in modo che sia il più possibile scevro dal culto di una fisicità univoca e dal culto della violenza. Gli allenamenti quindi non sono agonistici in modo che sia consentito, realmente, a tutti e tutte di apprendere le tecniche pugilistiche e raggiungere un soddisfacente livello di atleticità, tale da permettere di potersi confrontare con altri pugili all’interno del circuito delle palestre popolari. La boxe per come la conosciamo ed interpretiamo è dunque confronto tra corpi, tutti i tipi di corpi, tra genere ed identità di genere. In primo luogo quindi, proprio per la corporeità e la fisicità di questo sport, ci sembra importante sviluppare e portare avanti un discorso di genere all’interno della boxe. Un discorso in cui l’antisessismo non debba e non possa rimanere semplicemente un’indicazione “teorica”, ma che sia pratica quotidiana nelle nostre palestre. Anche se spesso questo sport rimanda ad un’idea di scontro, vogliamo ribaltare questa concezione in modo che esso sia incontro di differenze -di cui siamo composti- per una riappropriazione di identità, bisogni e benessere dell’individuo.
Uno sport in cui le differenze di genere siano allo stesso tempo valorizzate e fatte proprie, affinché la fisicità che caratterizza il pugilato porti realmente ad un incontro/scontro basato sul rispetto delle differenze e non sulla prevaricazione e sul sentirsi da meno o in difetto rispetto all’altro, considerato “normale” e “normato”.