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Sport e accessibilità di Genere
A partire dalla proiezione di un video, che racconta l’esperienza personale e calcistica delle Tegnizze, squadra di calcio mista, questa tavola rotonda si propone di essere un momento di dibattito sul tema dello sport e della sua accessibilità.
In particolare si discuterà dell’accessibilità e dell’appartenenza di genere, della categorizzazione netta imposta dagli enti che organizzano le competizioni, che non considera tutta una serie di soggetti non definibili all’interno di questa logica.
Si discuterà anche della questione dei test ormonali sulle atlete, che sono tornati alla ribalta nelle ultime vicende della FIFA, ma presenti fin dagli anni ’30 e somministrati in maniera particolarmente meticolosa su diverse sportive appartenenti al mondo dell’atletica leggera con conseguenze molto pesanti sulle loro vite sportive e private.
Alla tavola rotonda parteciperanno:
Le Tegnizze, squadra di calcio mista
alcune calciatrici torinesi
Elisa Virgili, autrice di “Olimpiadi. L’imposizione di un sesso”
I corpi nello sport
Un momento di discussione e confronto aperto a tutt*, in cui affrontare i temi dello sport e dell’antisessismo a partire da questioni come l’accessibilità e la visibilità femminile e le gerarchie e le relazioni tra i generi che si instaurano nella pratica sportiva.
Assieme a Raffaella Camoletto, docente di “Sociologia delle culture urbane” e di “Stili di vita e spazi urbani” all’Università di Torino, ci occuperemo in particolare di pratiche sportive che si svolgono nello spazio pubblico urbano, con testimonianze e contributi video su alcune pratiche (ad esempio il parkour).
Partendo questi stimoli più specifici, l’incontro è però pensato anche in ottica più allargata come un’occasione di dibattito e di restituzione collettivi sulle riflessioni e gli spunti che saranno emersi dalle due precedenti giornate
Alcune letture:
gender manoeuvring & skateboard
babes and boardsinvisible girls
Laurendeau, Sharara – Women Could Be Every Bit As Good As Guys
Sessismo e Antisessismo nello sport popolare
Autodifesa
A partire dalle riflessioni contenute nel volantino allegato e’ nato un paio di anni fa dall’esigenza del collettivo Degenerate(http://tinyurl.com/pvvt5l3) un corso di autodifesa tenuto in spazi sociali di Firenze. Durante le GASP! vorremmo provare a socializzare questa esperienza con una lezione aperta a tutte/i. La lezione si comporra’ di esercizi semplici per prendere confidenza con il proprio corpo inserito in un ambiente urbano, non avra’ la pretesa di essere esaustivo o insegnare tecniche micidiali, ma solo di servire da supporto ad un riflessione sull’autodifesa e il rapporto tra i corpi.
Torneo di Calcetto
“Il calcio è di chi lo ama”, recita lo spot della Serie A. Maschile. Professionistica.
In una semplice frase racchiude tutte le contraddizioni di uno sport profondamente diviso tra la sua anima popolare, aperta a chiunque e fatta di campetti di fortuna e un pallone, e i riflettori del grande show che è il calcio professionistico. Di pochi, profondamente escludente, sport considerato maschile per natura, che discrimina e trascura l’universo del calcio femminile e di chi in divisioni di genere rigide e binarie non rientra e non vuole rientrare.
Partendo dalle nostre esperienze nel calcio femminile torinese, dal progetto di inclusione delle identità sessuali transgender portato avanti dalle delle Tegnizze nei campetti di Verona, dal contributo che ognun* vorrà portare, proponiamo un torneo di calcetto misto come possibilità reale di mettere in gioco sé stess* e i propri corpi, per svago, per confronto con gli/le altr* dove le differenze siano un arricchimento e non un limite. Un calcio che sia davvero per tutt*.
ISCRIZIONI TORNEO (per squadre già formate o persone singole da inserire):
-mail all’indirizzo calcettogasp@canaglie.org
-sul posto al banchetto informativo GASP! venerdì 25
Con-sensualità
WORKSHOP SUL CONSENSO
Nello sport agiamo attraverso i corpi, corpi che sono campo di battaglia non solo per le sfide in campo, ma anche nella relazione con l’altro/a. Dopo fatica e sudore chi verrà al workshop si prenderà uno spazio per mettere le mani sul proprio e l’altrui corpo, nel tentativo di riflettere su cosa vuol dire consenso e spazio safe. Chi viene può decidere in che misura prendere parte ai giochi (non invasivi ma che comunque implicano contatto fisico).
Sesso, Bugie e Lotta a Terra
Workshop
La lotta e’ uno sport molto di contatto ci si arruffa, avvinghia, rotola e via cosi’.
Potrebbe essere un’attivita’ grazie alla quale si impara a relazionarsi con serenita’ e rispetto con i corpi di generi diversi dentro e fuori dal tatami. Cosi’ non e’. L’ambiente degli sport di lotta (bjj, judo, lotta greco/romana, per citare solo i piu’ famosi) e’ a volte fortemente sessista, con tendenza all’omofobia e al machismo ostentato.
Perche’ sia cosi’ non saprei. Ho provato a scrivere un po’ qualcosina a riguardo che e’ riportato qui sotto, ma non ho ancora le idee troppo chiare.
Nel tentativo di socializzare questi ragionamenti ho pensato a un allenamento
di lotta, basato su cose semplici del brasilian ju jitsu, in cui provo spiegare
alcuni passaggi, movimenti, posizioni che a me piu’ imbarazza fare
perche’ hanno un rapporto piuttosto stretto con la sessualita’. Questo per mettere in evidenza come il corpo umano sia sempre quello: lo stesso della danza, lo stesso del sesso. E due persone che si avvinghiano e si strusciano, sono sempre e’ solo quello. Cambia il contesto magari, il senso, ma questo e’ soltanto una nostra costruzione mentale, non una condizione “naturale” o “oggettiva”, che possa giustificare sessismo e omofobia o l’aura di mascolinita’ che circonda questi sport.
Nel concreto sara’ un allenamento di un paio d’ore, da fare in pantaloncini e
maglietta, spero anzitutto divertente, perche’ la lotta e’ prima di
tutto un gioco. Io pratico brasilian e prima judo, non sono un insegnate,
ma faro’ del mio meglio per essere comprensibile e rendere il tutto
semplice e accessibile a tutti.
La sera dato che l’autoironia e’ una caratterista importante e da coltivare, volevo provare se si riesce ad aggiungere un’appendice ludica del workshop, attraverso una pratica sportiva ingiustamente al di fuori degli sport olimpici: la lotta nel fango.
Nella lotta di fatto normalmente vince chi sottomentte contro la propria volonta’ il partner, a sto giro no: una giuria attentamente selezionata, giudichera’ le migliori esibizioni. Si premia l’inventiva, l’estro, la simpatia, il gesto atletico, l’impegno della coppia di lottator*. No submission, just for fun.
Riflessioni
I frammenti, un gruppo torinese punk/hc dei primi anni ‘90, suonava un pezzo nel quale figurava una frase che non ricordo in maniera precisa, ma il significato era pressapoco questo: “il senso delle cose e’ un abbraccio disperato consumato nel silenzio … fino in fondo”. Se non fosse per l’aggettivo disperato potrebbe anche sembrare una frase da baci perugina, ma nella citta’ del suicidio di Sole e Baleno, che pure e’ posteriore al brano, non erano evidentemente parole a caso e coglievano bene un sentimento comune.
Eravamo giovani, ma sapevamo cosa stavamo facendo, almeno un po’ credo.
Questa frase, sotto forma di nenia, dimora ancora nella mia testa, a quasi 20 anni di distanza. In particolare cantilena nel mio cervello durante un’attivita’ invero non troppo comune: accade spesso, ma solo se praticate thai boxe, che i due partner s’avvinghino e inizino ad ammucchiarsi tentando di aprirsi la guardia a vicenda per infilare ginocchiate, pugni e gomitate, si chiama clinch. Accade ancora piu’ spesso se praticate qualche tipo di lotta a terra (nel mio caso prima judo e ora bjj) di rotolarsi in posizioni che rivisitano un kamasutra espanso in ogni piu’ piccolo dettaglio, se escludiamo la penetrazione.
Ecco mentre me ne sto a stringere quell’altro corpo sudato e scivoloso, e sento il fiato bollente sulla mia spalla, e i nostri profili si strusciano, si insinua la filastrocca.
Tutto preso in quell’abbraccio, in cui ci si sostiene all’altro per la stachezza, tentando magari anche di farsi del male a vicenda, tocca di tenere fino in fondo. Ma immerso nella fatica e nel sudore non ho proprio voglia di vincere, e neanche di perdere, non mi interessano punto entrambi. Io non so perche’ quell’altro corpo stia li’ a soffrire avvinghiato a me, ma il senso delle cose e’ solo in un abbraccio un poco disperato, magari per futili motivi, ma consumato fino in fondo, e basta. Non serve altro, non abbiamo piu’ nulla da dimostrare l’uno all’altro, non importa cosa succeda dopo.
Questa dimensione quasi di riscatto esistenziale, credo potrei condividerla con molte delle persone che incontro sul tatami, ma e’ come incompleta, senza l’altro pezzo. Sopratutto nella lotta l’ambiente e’ decisamente maschile, pregno di una virilita’ a tratti ostentata. In cui il fatto che due maschi rivisitino in chiave
lottereccia scene che sembrano tratte da shunga (stampe erotiche giapponesi di fine ottocento), va esorcizzato con boutade sempre uguali, ritualizzate, a cui tutti rispondono come ad un mantra.
“Che chiappette sode, ora ti si fa una foto e la si posta su uno di quei siti bjj per froci”
“See, e poi lo si manda a la tu’ ma’”
“Gia’ e la tua di mamma ? come sta ? L’ho vista sui viali ieri sera, tra i trans e le negre”
“Bha, cmq i siti bjj per froci fanno schifo: ma ti immagini lottare con uno che poi va a casa e si masturba pensando che gli hai messo le palle in bocca”
(te piacerebbe…)
“E perche’ te quando lotti con l’elena non gliele tocchi le puppe scusa ? E poi gliene dedichi una quando vai a casa ? ”
“E certo, sono mica frocio”.
Eppure due uomini che lottano assomigliano abbastanza a due uomini che amoreggiano, cosi’ come accade per due donne o per un uomo e una donna. La lotta, come la danza, condivide la gestualita’ col rapporto sessuale. Il corpo uno e’. Spesso si ansima anche nella stessa maniera.
Ma questo lo sanno tutti, bisogna quindi attrezzarsi per scacciare i fantasmi e riportare la questione su un piano di attivita’ virile. Io di solito un po’ vigliaccamente taccio, alimentando una sorta di mia personale rassegnazione su quelle palestre, su certi ambienti, sperando che prese singolarmente quelle persone siano meglio di come appaiono in gruppo. Convincendomi che io sono li’ per imparare la lotta, perche’ loro la sanno fare, condividero’ quello che posso, al limite il solo tempo del tatami.
E’ una posizione debole, mi rendo conto.
Non e’ poi neppure un problema di omo/bi/etero sessualita’, accettazione del diverso, e bla bla.
Ma piuttosto di capire cosa stai facendo: ti rotoli sudato, abbracciato, appeso al corpo di un altro maschio, cercando di soffocarlo, di stringerlo, di immobilizzarlo, di chiudere posizioni che si
chiamano triangolo, monta, e i nomi in brasiliano suonano ancora piu’erotici, giuro. Questo non da indicazioni sui tuoi gusti sessuali, ma e’ sicuramente un invito a fare pace con te stesso. A capire che questo rapporto con il corpo di un altro maschio ti piace, altrimenti non saresi li’ 4 giorni su 7 a schiantare di fatica. E tutte le battute sui froci,
non laveranno via questa semplice verita’, tanto evidente per chiunque estraneo passi intorno al tatami e butti un occhio a quel che accade sopra.
Eppero’ un po’ mi dispiace che sia cosi’, e di non poter condividere con altri questa visione del gioco.
Perche’ anche lontano dal clinch, dal tatami e dal sudore scivoloso, credo comunque stia in questi abbracci il senso della lotta, delle compagne e dei compagni che mi circondano, della vita buffa che facciamo, del perche’ dopo tanti anni sono ancora qui, con inciso sulla pelle tanti scorci di esistenza consumati fino in fondo, piuttosto felice che non si possan piu’ cancellare.